Roma, 5 feb. (askanews) – In queste ore si discute molto sulla possibilità di autorizzare, anche in Italia, gli anticorpi monoclonali contro il Cov-Sars2. Ma come funzionano, sono efficaci e sicuri? Quanto costeranno e a chi vanno somministrati? Lo spiega ad askanews la dottoressa Patrizia Popoli, direttrice del Centro Nazionale Ricerca e Valutazione Farmaci dell’Istituto Superiore di Sanità.
"Sono degli anticorpi prodotti in laboratorio a partire da cellule prelevate dal plasma di soggetti che hanno contratto l’infezione e che sono guariti, perché il soggetto ha sviluppato anticorpi e a partire dalle cellule di questi soggetti vengono prodotti anticorpi monoclonali, perché derivano da un unico clone cellulare che possono essere prodotti anche in grande quantità".
Quando funzionano le terapie monoclonali? "Questi anticorpi non sono efficaci nel trattamento di soggetti che hanno una malattia più avanzata, e sono già in ospedale. Non rispondono al trattamento con gli anticorpi e questo non è strano perché l’anticorpo riduce la carica virale e può funzionare solo nelle prime fasi della malattia".
Si somministrano con una infusione, che comunque richiede ambiente sterile e almeno un’ora di tempo, rispetto alla semplice iniezione del vaccino.
"In profilassi è meglio utilizzare un vaccino perché dovrebbe dare una protezione di più lunga durata. Allo stesso tempo il vaccino richiede più tempo, per diventare efficace, perché consiste nella somministrazione all’individuo di una sorta di istruzione che fa produrre gli anticorpi all’organismo".
La terapia con anticorpi monoclonali potrebbero essere presto autorizzati in Italia. "Questa terapia è in corso di valutazione da parte di diversi Paesi. Negli Usa è stata rilasciata una autorizzazione in caso di emergenza, anche in Italia si sta valutando la possibilità di renderli disponibili ai pazienti, ma non sono stati ancora autorizzati dall’Ema".
Secondo gli studi clinici registrati finora la terapia con anticorpi monoclonali sembra essere piuttosto sicura, a parte qualche reazione legata all’infusione, tipo arrossamento, prurito o gonfiore. Ma non si sono osservati finora effetti tossici rilevanti. Così come sull’efficacia della terapia, la dottoressa Popoli sottolinea che gli studi effettuati dimostrano che gli anticorpi riducono la carica virale.
"Ovviamente il vero profilo di un farmaco non si vede dagli studi clinici. Il vero profilo di sicurezza si vede dopo quando è usato da tante persone".
Un serio problema è il costo di produzione; in compenso potrebbero ridurre i costi del ricovero dei pazienti. "Sulla base di questi dati che devono ancora essere confermati sembrerebbe che oltre ad avere questo effetto sulla riduzione della carica virale, questi farmaci possano ridurre il tasso di ospedalizzazione e anche di ricorso al pronto soccorso. Per questo si pensa che il loro utilizzo più adatto sia per i pazienti che rischiano di andare in ospedale".
Ma attenzione: se si tratta di investire denaro, non si può andare a discapito dei vaccini. "Presumo che il piano vaccinale preveda priorità del vaccino rispetto ad altri tipi di interventi. Anche perché i vaccini sono autorizzati da Ema. E questi farmaci ancora no. Anche nel caso in cui venissero messi a disposizione sicuramente non dovrebbe andare a discapito delle risorse da destinare alla vaccinazione".