“Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso”. (Giovanni Brusca)
20 maggio 1996 – Mentre guarda un film su Giovani Falcone, viene arrestato ad Agrigento Giovanni Brusca. Soprannominato “‘U verru” o “L’ammazzacristiani”, è l’uomo che proprio nella strage di Capaci aveva azionato il telecomando che aveva fatto esplodere il tritolo.
Successore del padre Bernardo come capomandamento di San Giuseppe Jato (da sempre alleato del clan di Corleone), era stato al comando dei corleonesi dopo l’arresto di Salvatore Riina e Leoluca Bagarella, di comune accordo con Bernardo Provenzano.
Divenuto collaboratore di giustizia, ha potuto usufruire di vari permessi-premio fin dal 2004.