Modena, 27 gen. (askanews) – Prima di raggiungere l’immunità di gregge con i vaccini dovremo aspettare ancora mesi; è fondamentale, quindi, continuare a investire sulle cure per il Covid-19. E da Modena arriva una nuova ipotesi di cura: l’utilizzo delle cellule staminali per, in un certo senso, "spegnere" l’incendio provocato dal virus. Il direttore della Struttura complessa di malattie dell’apparato respiratorio dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, Enrico Clini.
"Il vero problema è come contrastare questa sequenza di eventi e di complicazioni che portano il paziente eventualmente al decesso. Vari farmaci e varie formulazioni di cura sono stati sperimentati in questi mesi e nessuna di queste ha finora dimostrato di essere determinante".
Da qui è partito il progetto Rescat di cui il Policlinico di Modena è capofila e che coinvolge altri cinque centri di ricerca in Lombardia, Veneto e Toscana, quelli più impegnati nell’utilizzo delle cellule prelevate dal grasso, dal cordone ombelicale o dal midollo osseo per la lotta contro il cancro, in particolare per la cura dei tumori ematologici: "Le cellule staminali sono un ulteriore tentativo, forse il più potente di quelli finora tentati per cercare di bloccare e spegnere quell infiammazione che è la causa di una sequenza di eventi che porta al crash del sistema respiratorio e purtroppo al rischio delle complicazioni e purtroppo alla morte del paziente".
I primi test del progetto, già approvato dagli organi regolatori, partiranno a giorni su una sessantina di pazienti. Ogni malato, a distanza di cinque giorni, riceverà una infusione di staminali per via endovena. Il direttore della Struttura complessa di oncologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, Massimo Dominici, tra gli ideatori dello studio: "Una volta infuse nel paziente, le cellule staminali si dovrebbero comportare come dei pompieri di fronte a un grosso incendio. Abbiamo bisogno di spegnere questo incendio fornendo acqua e ci aspettiamo che siano proprio le cellule infuse a produrre quest’acqua. È come se utilizzassimo un potente antinfiammatorio, non una compressa, ma qualcosa di vitale che produce molecole in grado di spegnere l’incendio. La mia soddisfazione sarà quando cominceremo a trattare i primi pazienti e riusciremo ad avere i risultati. Questa è una sperimentazione clinica, non vuole dire che ci sono disponibili cellule per trattare tutti i pazienti con questo tipo di problematiche. Purtroppo questo oggi richiede un numero limitato di pazienti. Ma siamo all’inizio di un qualcosa che speriamo possa diventare una cura per molti pazienti".