29 giugno 1944 – In seguito all’uccisione di tre militari tedeschi in un agguato dei partigiani, i soldati della divisione Hermann Göring massacrano 244 civili in quello che è tristemente noto come l’eccidio di Civitella in Val di Chiana, in provincia di Arezzo.
Subito dopo la morte dei tre soldati, il tenente generale Wilhelm Schmalz aveva personalmente rassicurato la popolazione che non ci sarebbe stata alcuna rappresaglia, dicendo di ritenersi soddisfatto dei partigiani rimasti uccisi nell’attentato; in realtà, lo scopo del comandante è quello di evitare la fuga degli abitanti, per poter effettuare i rastrellamenti con più facilità.
Approfittando della festività dei SS. Pietro e Paolo, i tedeschi si riversano nel centro di Civitella e nei vicini borghi di San Pancrazio e Cornia, aprendo indiscriminatamente il fuoco sugli abitanti. L’episodio più cruento si consuma in chiesa, durante la Messa: i soldati dividono prima i fedeli in piccoli gruppi, poi, indossati grembiuli di gomma per non sporcarsi di sangue, li freddano con colpi alla nuca. Nonostante venga risparmiato dai tedeschi in quanto religioso, il sacerdote Don Alcide Lazzeri sceglie il martirio, per condividere così la sorte dei suoi parrocchiani. In seguito, vengono date alle fiamme tutte le case di Civitella, in cui muoiono gli abitanti che avevano disperatamente tentato di salvarsi nascondendosi. Solo in pochissimi riescono a salvarsi dal massacro.
Catturato dagli statunitensi e consegnato alle autorità italiane, il tenente generale Schmalz verrà successivamente dichiarato non colpevole dal Tribunale militare territoriale di Roma, con sentenza del 12 luglio 1950.