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Facebook, Google e Twitter: siamo contro le fake news

Washington, 26 mar. (askanews) – "E’ solo colpa di Trump", ha

detto Mark Zuckerberg. "Abbiamo fatto molto contro la

disinformazione", ha aggiunto Sundar Pichai. Mentre Jack Dorsey

ha rivendicato di essere "sempre dalla parte delle autorità".

Gli amministratori

delegati di Facebook, Google e Twitter hanno difeso le loro

società contro le accuse di aver favorito la disinformazione

durante le elezioni americane e l’attacco a Capitol Hill. Lo

hanno fatto in videoconferenza nel quarto round di incontri con i

deputati del Congresso Usa.

"Abbiamo fatto la nostra parte per garantire l’integrità delle

elezioni. Poi il 6 gennaio il presidente Trump ha pronunciato un

discorso in cui rifiutava l’esito del voto facendo appello alla

gente a combattere ", ha dichiarato Zuckerberg in difesa del

social network finito sotto accusa in qui giorni.

"L’attacco al Campidoglio è stato un oltraggio – ha aggiunto –

Credo che l’ex presidente debba essere ritenuto responsabile per

le sue parole. E le persone che hanno infranto la legge

dovrebbero essere ritenute responsabili delle loro azioni".

Il deputato Frank Pallone, che presiede il Comitato per l’energia

e il commercio della

Camera, dove sono stati ascoltati i top manager, li ha accusati

di "non essere spettatori passivi, in quanto a capo di aziende a

scopo di lucro che fanno soldi diffondendo disinformazione".

Dorsey ha invece insistito sulla necessità di ristabilire la

fiducia con gli utenti, dando loro più controllo attraverso

algoritmi più trasparenti.

Sundar Pichai ha invece ricordato tutti gli sforzi fatti da

Google e Youtube contro la disinformazione: "Poco prima delle elezioni abbiamo rimosso centinaia di migliaia

di video e chiuso circa 8mila canali Youtube. Abbiamo dato

priorità alle testate giornalistiche e cooperiamo sempre con le

forze dell’ordine".

Nel ribadire l’impegno nella collaborazione con le autorità e

contro le fake news, i tre manager hanno tuttavia ricordato la

minaccia alla libertà d’espressione che comporta un controllo

troppo stretto sui contenuti dei social. E ancora una volta sono

andati in difesa

della Sezione 230 del Communications Decency Act, che li esonera

dalle responsabilità sui contenuti pubblicati sulle loro

piattaforme.

Fuori dal Congresso alcuni dimostranti hanno esposto delle sagome

con il volto i manager dei grandi colossi della Rete travestiti

come i rivoltosi che hanno preso d’assalto il Campidoglio.

Redazione

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