Milano, 6 mag. (askanews) – No a un approccio ideologico, ma a un confronto costruttivo con le istituzioni europee per la definizione del processo legislativo di quel piano che dovrà traghettare, nel prossimo decennio, l’agroalimentare verso un sistema più sostenibile, sano ed equo. Il settore zootecnico è tornato a ribadire le proprie perplessità sulla strategia europea Farm to fork nell ambito di un evento in streaming promosso da Eunews in collaborazione con Carni sostenibili e European Livestock Voice. Ne abbiamo parlato con uno dei protagonisti dell incontro, Luigi Scordamaglia, presidente di Assocarni e rappresentante di Carni sostenibili:
"Questa opportunità si può trasformare in un rischio, in un danno non solo per i produttori ma anche dei consumatori solo se prevale un approccio ideologico. Se le scelte non vengono fatte su una seria valutazione di impatto che ancora manca e che la commissione dovrebbe mettere al primo punto delle sue priorità, il prevalere di aspetti ideologici può portare appunto a vanificare questo sforzo importante".
Dopo i 9 paradossi della Farm to Fork, gli allevatori chiedono di approfondire i temi della strategia europea mettendo in evidenza i numeri del settore, quei 170 miliardi di valore delle produzioni e dei prodotti di origine animale pari al 40% del fatturato agricolo europeo insieme ai 4 milioni di persone che vi lavorano. E al contempo di tenere conto anche dei risultati raggiunti finora:
"Noi col modello di zootecnia italiana riusciamo tanto per dare un numero, a produrre un chilo di carne in Italia con un quinto appena delle emissioni di CO2 rispetto alla produzione dello stesso chilo di carne in Asia o nel continente americano. l’Italia è quarto produttore di biogas quindi energia elettrica rinnovabile, domani di biometano, quindi combustibile rinnovabile non fossile per le nostre macchine agricole grazie proprio alla agli scarti, alle deiezioni in questo settore produce".
L’esempio dell’Italia è figlio di investimenti in innovazione: siamo secondi al mondo nell uso dei robot nell alimentare e terz’ultimi per quantità di emissioni di Co2. Ma lo stesso Scordamaglia riconosce che è un punto di partenza: servono concreti interventi per raggiungere gli obiettivi della Farm to fork: "Per fare di più abbiamo presentato e ottenuto che circa 700 milioni di euro del Recovery plan possano andare all’ulteriore miglioramento delle filiere zootecniche delle filiere agroalimentari nel senso di una vera sostenibilità, nuove strutture che migliorino ancora il benessere animale perché più l’animale viene trattato bene più è generoso nella sua produzione quindi non esiste alcuna discrepanza tra la tutela del benessere e la qualità delle nostre eccellenze".
Una delle minacce che gli allevatori intravedono è lo sviluppo della produzione della cosiddetta carne sintetica, una scorciatoia come l ha definita il presidente di Assocarni che rischia di compromettere un patrimonio, che non è solo economico ma anche culturale e sociale: "3,9 miliardi di dollari investiti nel 2020, bill gates che ha interessi diretti in questa storia qua, è fraudolenta verso i consumatori perché con il meat naming ti fa intendere che ha lo stesso valore nutrizionale quando poi invece ovviamente hai l’acqua al primo posto, la soia transgenica del Brasile Quindi è un problema più ampio, di chi vuole staccare la produzione alimentare da territori, contadini e terra è questo il vero problema".
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