Roma, 27 gen. (askanews) – Tarsia, in provincia di Cosenza: qui nel giugno 1940 nella contrada Ferramonti nacque il più grande campo di concentramento per ebrei d’Italia. Il regime fascista lo creò per internare gli ebrei stranieri che si trovavano nel paese o che attraversavano l’Italia verso porti più sicuri.
In tre anni, passarono di qui circa tremila persone, in gran parte dall’Europa centro-orientale. Ogni anno, anche qui si celebra la giornata della Memoria: il sindaco di Tarsia, Roberto Ameruso.
"Per ricordare la centralità europea di questo luogo; un luogo dove sono passati migliaia di internati, reclusi senza nessuna colpa se non quella di essere nati. Vogliamo ricordare queste vite, le persone che sono state in questo campo. Una memoria che non deve essere retorica o celebrativa, ma una ricrca continua per dare i migliori anticorpi, il miglior vaccino per questa umanità".
Una storia particolare: il campo Ferramonti fu visitato più volte dalle autorità ebraiche d’Italia, anche dal rabbino di Genova Riccardo Pacifici, che più tardi fu deportato e assassinato ad Auschwitz. Gli internati, gestiti dalle autorità italiane, soffrirono soprattutto per la malaria e per la fame. Il campo fu liberato nel 1943, dopo la caduta del regime fascista; poi fu protetto dalle intrusioni delle truppe d’occupazione tedesche. Rimase a conduzione ebraica fino alla chiusura, dopo la guerra. In qualche modo, dal campo Ferramonti arriva anche un messaggio di speranza per l’umanità.
"Una umanità che è sempre sotto il pericolo di quegli spettri che sono i totalirismi e il culto della personalità, una serie di elementi che possono portare di nuovo a ripetere quelle vicende così tragiche che hanno macchiato l’intera umanità" dice il sindaco Ameruso.