ROMA (ITALPRESS) – C’è chi adesso vuole chiamarlo “Ponte d’Europa”, forse per sottolineare la posizione di quel braccio di mare nel Mediterraneo, l’appartenenza dei territori al continente, la richiesta d’attenzione alle istituzioni europee e per indicare che la questione “Ponte sullo Stretto”, di cui si discute da decenni, non è solo siciliana o calabrese, nè soltanto italiana. Il dibattito sul collegamento stabile tra Calabria e Sicilia prosegue e si concentra soprattutto su costi e benefici, sui tempi e su quali risorse eventualmente utilizzare. Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha ribadito che le conclusioni della commissione istituita a settembre scorso dall’allora ministra De Micheli saranno presto trasmesse al Parlamento per aprire un dibattito pubblico. Nel frattempo, dalla Calabria arriva una nuova proposta, puramente linguistica: non chiamarlo più “ponte sullo Stretto” ma “ponte d’Europa”. Ad avanzare l’ipotesi Nino Spirlì, presidente facente funzioni della Regione: “Fino a quando si continuerà a utilizzare nomi di luoghi, si continuerà a campanilizzare grandi opere. Non è il ponte sullo Stretto di Messina o, come dicono altri, sullo Stretto di Reggio e Messina: è il ponte d’Europa”, ha detto Spirlì in occasione di un incontro a Reggio Calabria con il viceministro alle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Alessandro Morelli, il quale ha accolto favorevolmente la proposta e ha spiegato che si tratta di “un’opera fondamentale e importantissima non solo per la Sicilia e la Calabria ma per l’Italia e per l’Europa” e che “c’è una fase ancora interlocutoria” in attesa delle conclusioni della commissione. Intanto si discute dell’opera anche in Parlamento dove proseguono i dibattiti, le interrogazioni, i pareri e le proposte. Deputati e senatori di diversi schieramenti politici hanno aderito all’intergruppo parlamentare che si è costituito proprio sul tema. “Il dato importante è la presa di coscienza molto più concreta rispetto ai decenni che ci hanno preceduto sul fatto che tale questione, che ormai era diventata di carattere ideologico, sta facendo sfumare una concezione negativa”, spiega all’Italpress Domenico Furgiuele, deputato della Lega e componente della commissione Trasporti alla Camera. “Ne è una testimonianza – continua – quello che stiamo producendo nelle sedi parlamentari, in particolare ciò che concerne la commissione trasporti. Abbiamo votato una proposta di parere al Pnrr – ricorda – che prevede due punti fondamentali: avere nel più breve tempo possibile la famosa relazione sulla fattibilità della struttura da parte della commissione istituita appositamente e la possibilità di valutare le opere propedeutiche che possono essere realizzate contemplando i termini del Pnrr”. Per Furgiuele l’opera ha “un’utilità alla quale non si può rinunciare perchè l’Europa – spiega – ci dà la possibilità di fare grandi investimenti sul potenziamento dell’alta velocità. Questo breve tratto ricade proprio nel canale scandinavo-mediterraneo delle reti Ten-T. In più, l’Agenzia per l’ambiente europea – prosegue – indica nel Piano trasporti 2050 che il trasporto di merci su rete ferrata entro il 2030 deve essere del 30%. Ad oggi tra Calabria e Sicilia è fermo al 5%”. Per il deputato, quindi, si tratta di “un’opera fondamentale per una compenetrazione positiva dal punto di vista economico e per dare senso all’alta velocità”. “Poi c’è anche l’aspetto ambientale”, aggiunge, portando l’esempio del traghetto che attraversa lo Stretto con 120 auto a bordo: “Sono 1.557 kg di CO2 emessi dalla nave e 90 kg quelli emessi dalle 120 auto, se facessero il percorso della campata del ponte che dovrebbe essere di poco più di tre chilometri, considerato che almeno il 9% di esse sono ibride. Per le circa 17 mila traversate annue – aggiunge -, si risparmierebbero 25 mila tonnellate di CO2”. “Bisogna ribaltare – sottolinea – la concezione secondo cui la realizzazione del ponte deve essere alternativa alla realizzazione di altre opere o viceversa”. (ITALPRESS).