Stefano è un restauratore chiamato dal suo amico Antonio a lavorare su un affresco all’interno di una piccola chiesa nella campagna ferrarese. Siamo alla fine degli anni cinquanta e il Sindaco del paese spera che il restauro dell’affresco possa offrire un po’ di notorietà alla zona facendo conoscere il pittore maledetto Buono Legnani, morto in circostanze misteriose vent’anni prima.
Legnani è morto pazzo suicida e veniva chiamato in paese il “pittore delle agonie” perché in molte sue opere raffigurava persone morenti, come a tentare di fermare nel dipinto l’attimo del passaggio, il punto di congiunzione tra la vita e la morte.
Stefano inizia subito il lavoro nella chiesa sotto gli sguardi del parroco don Orsi e del sagrestano Lidio, un ragazzo con un ritardo mentale che pare conoscere molte verità scomode sul pittore scomparso.
Ma il lavoro di Stefano si rivela complesso perché ostacolato da numerosi elementi: telefonate misteriose che minacciano Stefano invitandolo a lasciare il paese, interventi notturni sull’affresco che rovinano il lavoro di restauro, omicidi o suicidi di persone che tentano di rivelare a Stefano i segreti inconfessabili di quella piccola comunità omertosa.
Anche Stefania, la giovane maestra appena arrivata in paese e che inizia una relazione sentimentale con Stefano, viene coinvolta negli avvenimenti sempre più drammatici in un crescendo angosciante.
Il finale è ovviamente a sorpresa: uno dei finali più inquietanti della storia del thriller italiano.
“La casa dalle finestre che ridono” è un gran bel film del 1976, uno di quelli che si ricorda a distanza di anni ed anni: funziona perché parte da un soggetto originalissimo e non banale, perché è stato girato, con un budget estremamente basso e tempi ristrettissimi, in un contesto anomalo per un thriller, la campagna della bassa ferrarese. Un luogo pieno di racconti di torbide leggende di paese, di segreti non rivelati, di silenzi. All’arrivo di Stefano il sindaco nano Solmi dice che la zona ha diverse specialità: le donne, l’acqua e…il silenzio. E la storia mette paura, spaventa perché parla di orrori di provincia, di racconti popolari che tutti hanno sentito narrare nell’infanzia o nell’adolescenza.
Nel cast ci sono Lino Capolicchio nella parte del restauratore Stefano, Francesca Marciano nella parte della giovane maestra, Gianni Cavina che interpreta Coppola, l’autista alcolizzato, Bob Tonelli per la parte del sindaco Solmi.
La sceneggiatura è stata scritta a quattro mani da Pupi e Antonio Avati, Gianni Cavina e Maurizio Costanzo.
Buona visione.