Il leggendario Brigante Musolino

di Jack Sentenza

Il leggendario Brigante Musolino

| martedì 09 Gen 2024 - 00:01

9 gennaio 1899 – Ingiustamente condannato con delle false testimonianze a 21 anni per tentato omicidio, a seguito di una banale lite rusticana, il ventiduenne aspromontano Giuseppe Musolino evade dal carcere, dando vita alla leggendaria figura del Brigante Musolino.

Sempre proclamatosi innocente, aveva giurato vendetta sui propri compaesani canticchiando il motivo della canzone del brigante Nino Martino:

«Nd’ebbiru alligrizza chiddu jornu
quandu i giurati cundannatu m’hannu;
ma si per casu a lu paisi tornu
chidd’occhi chi arridiru ciangirannu.»

«N’ebbero allegrezza quel giorno
quando i giurati condannato m’hanno;
ma se per caso al paese torno
quegli occhi che risero piangeranno.»

Nei primi 8 mesi dalla fuga, commette 5 omicidi e 4 tentati omicidi contro tutti quelli che l’hanno accusato e tradito, nascondendosi poi tra le montagne, nei boschi e pure nei cimiteri, godendo dell’appoggio delle persone del posto, siano essi contadini o caprai o benestanti, che lo vedono come simbolo delle ingiustizie in cui la Calabria del tempo versava.

La sua notorietà in poco tempo si sparge in tutta Italia grazie alla stampa nazionale, e persino i giornali stranieri (Times, Le Figaro) iniziano a interessarsi della vicenda.

Lasciata la Calabria per andare a chiedere la grazia al nuovo re Vittorio Emanuele III, viene catturato per caso ad Acqualagna (PU) da carabinieri ignari della sua identità, che riescono a raggiungerlo perché è inciampato in un fil di ferro; i militi sono comandati dal brigadiere Antonio Mattei, padre di Enrico Mattei.

Diventa famosa la frase del brigante: “Chiddu chi non potti n’esercitu, potti nu filu” (“Quello che non poté un esercito, poté un filo”).

Condannato all’ergastolo l’11 luglio 1902, resterà in carcere fino al 1946, quando gli verrà riconosciuta l’infermità mentale, e quindi trasferito al manicomio di Reggio Calabria, dove morirà dieci anni più tardi.

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