Medicina zona rossa, un anno dopo

di Redazione

Medicina zona rossa, un anno dopo

| martedì 08 Giu 2021 - 15:32

La zona rossa, un anno dopo. E i suoi effetti su una comunità: Medicina, città da 16mila abitanti alle porte di Bologna. Ve la raccontiamo con una videoinchiesta di Qn – il Resto del Carlino. Nel 2020 la comunità fu chiusa, come Codogno e Vo’ Euganeo. Ora non è più sola: mezz’Italia è chiusa. E la sua storia diventa la storia di tutti noi.

Il web reportage “Medicina – Anatomia di una zona rossa”, a cura di Valerio Baroncini e Arnaldo Liguori, racconta le tracce del Covid attraverso interviste esclusive a parenti delle vittime, medici, rappresentanti delle istituzioni e sopravvissuti al virus. La videoinchiesta ricostruisce i giorni difficili della chiusura del 2020 fino ad arrivare alle restrizioni attuali.

Le tracce del virus, a Medicina, sono come una sindone. Sono nell’agenda di Luigi Balduini, uno dei primi morti, muratore in pensione, frequentava il Medicivitas. Nel quaderno teneva i valori della glicemia, lui che era diabetico, sì, ma mica in maniera grave. E risfogliandolo ora, quel diario, si vede l’artiglio del Covid: in pochi giorni, da quando diventa positivo, passa da 100 a oltre 460. La scrittura si fa via via meno precisa. Arriva il ricovero. Poi quello che nessuno voleva (e poteva) pensare.

Le tracce del virus, si diceva. In via della Resistenza c’è un gruppo di alberelli, come una corona. Ricordano le vittime, diventeranno un parco, a pochi metri dalla rotonda che spiana la strada verso San Martino, Castel Guelfo, Imola. Lì, un anno fa, c’erano le camionette e uno dei varchi che hanno fatto la storia. «Quella sera, quando verso mezzanotte ero ancora nel mio ufficio per preparare le cose per il giorno dopo, ho cominciato a vedere le camionette dalla finestra che dà su Piazza Andrea Costa: è stato il segnale che non potevamo più tornare indietro», racconta commosso Matteo Montanari, sindaco di Medicina.

Le tracce del virus, si diceva. Sono anche immateriali: «Ora siamo di nuovo chiusi, ma questa non è una zona rossa come quella di un anno fa. Oggi, tuttavia, abbiamo più del doppio di positivi del 2020 – ragiona Montanari –. Questo virus non è democratico, non ha colpito tutti allo stesso modo. Qualcuno ha perso lavoro, c’è chi ha dovuto chiudere il proprio negozio. Questa fatica oggi fa sì che un pochino la compattezza si cominci a perdere, quindi questo è il grande lavoro che dobbiamo fare: tenere compatta la comunità, dipendiamo gli uni dagli altri, siamo interdipendenti».

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