Venezia, 3 feb. (askanews) – Ad arrivarci nel pomeriggio, dal vaporetto tutto sembra normale. Certo, i canali sono meno trafficati e sui ponti non c’è ressa, ma in fondo Venezia è come sempre al suo posto, un po’ malinconica magari, ma rassicurante.
Poi scende la sera e le cose, in effetti, cambiano. Le calli si fanno deserte, le barche si diradano, quasi non si sente passare neppure un vaporetto. Ma quello che colpisce di più è il senso di penombra che scende sopra le icone dell’immaginario collettivo, sugli stereotipi del turismo globale, scomparso ormai praticamente da un anno. Il ponte di Rialto è illuminato, ma quasi controvoglia viene da dire. Le sue celeberrime scalinate sono deserte. Passa qualche runner e i suoi passi rimbombano in un senso di vuoto. In piazza San Marco non c’è anima viva, e sono solo le 20.30 di un giorno da zona gialla in Veneto. L’architettura del Sansovino sembra finalmente respirare, ma il campanile si perde nel cielo, stellato e limpido, svanito come il ricordo da cartolina di una città che la distanza ha reso ancora più inafferrabile.
"Venezia è come Gardaland" mi ha detto un taxista poche ore prima, sprizzando pessimismo e rabbia per le chiusure, "senza turisti non resta niente", ha aggiunto. Verrebbe quasi da dargli ragione imbattendosi di continuo solo nei manichini delle vetrine dei negozi, una specie di razza aliena umanoide che pare avere conquistato la città indossando uniformi iper griffate. Appendici eleganti dell’Idra del realismo capitalista.
Ma non è tutto qui, perché Venezia è anche la sua Laguna, con quei riflessi profondi, è il rumore dell’acqua, è la ritrosia verso un turismo che era diventato in molti aspetti troppo aggressivo. Venezia è i suoi lampioni, le sue calli che sembrano cieche, e invece hanno quasi sempre un piano B; i pontoni d’imbarco, bellissimi anche se vuoti, o forse proprio perché vuoti.
Nella penombra spunta la chiesa della Salute, e con essa la Dogana. La Biennale, anche se sembra impossibile, è ancora al suo posto a Ca’ Giustinian e una pizza da asporto forse oggi la si trova più facilmente di prima del Covid. Venezia in fondo è sempre qui, dietro la penombra, lontana dalle cartoline, ma probabilmente più vera e pronta per raccontarci un’altra storia. La sua, la nostra.