“Non potevo rifiutare di prendere il posto di un collega ammazzato come un cane.” (Capitano Mario D’Aleo)
13 giugno 1983 – A Palermo, in via Scobar, il capitano dei carabinieri Mario D’Aleo, l’appuntato Giuseppe Bommarito ed il carabiniere Pietro Morici vengono trucidati in un agguato ordinato dalla Commissione provinciale di Cosa Nostra.
D’Aleo aveva ricevuto l’incarico di Comandante della Compagnia Carabinieri di Monreale tre anni prima a seguito dell’assassinio del capitano Emanuele Basile, stretto collaboratore del giudice Borsellino. Proseguendo il lavoro del predecessore con la stessa fidata squadra di uomini, D’Aleo aveva intrapreso una decisa azione investigativa nei confronti della famiglia di Bernardo Brusca, capomandamento di San Giuseppe Jato: indagini su transazioni bancarie, appalti (di conseguenza sui rapporti con esponenti politici), pressioni sui referenti della famiglia (come ad esempio Salvatore Damiani a Monreale), caccia incessante ai responsabili della morte di Basile e ai più importanti latitanti (lo stesso Bernardo Brusca e il figlio Giovanni).
Come accertato in sede giudiziaria più di venti anni dopo, “si volle fermare l’azione di un coraggioso Carabiniere che avrebbe potuto ledere gli interessi ed il prestigio del sodalizio nel territorio del mandamento di San Giuseppe Jato, in quel periodo divenuto uno dei più importanti di Cosa Nostra”.
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