3 febbraio 2016 – In un fosso alla periferia del Cairo, vicino a una prigione dei servizi segreti egiziani, viene ritrovato il cadavere di Giulio Regeni, dottorando triestino dell’Università di Cambridge, in Egitto per una ricerca sui sindacati locali.
Il corpo, nudo e atrocemente mutilato, presenta segni compatibili con la tortura: contusioni e abrasioni su tutto il corpo, lesioni da calci, pugni e bastonate, due dozzine di fratture ossee tra cui sette costole, tutte le dita di mani e piedi, gambe, braccia e scapole, cinque denti rotti, coltellate multiple sul corpo, comprese le piante dei piedi, bruciature di sigarette e numerosi tagli causati da uno strumento tagliente simile ad un rasoio.
L’uccisione di Regeni ha dato vita in tutto il mondo (e non solo in Italia) a un acceso dibattito sul coinvolgimento nella vicenda e nei successivi depistaggi dello stesso governo egiziano guidato da al-Sīsī.
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