“Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il Risorgimento, vi troveranno cose da cloaca” (Giuseppe Garibaldi)
2 giugno 1882 – Muore a Caprera Giuseppe Garibaldi. Condottiero, patriota, eroe nazionale, massone, anticlericale, animalista, scrittore. Di sicuro, la figura di Giuseppe Garibaldi non si presta a facili interpretazioni.
Nato a Nizza nel 1807 sotto la dominazione di Napoleone, ribelle ed eroico fin da bambino (salvò diverse persone in procinto di annegare), amante della vita di mare e di storia antica, Garibaldi si formò da ragazzo prima come mozzo e poi come marinaio.
Ed è proprio in un viaggio fra Costantinopoli e il Mar Nero che avviene la folgorazione del ventiseienne Giuseppe: l’incontro con le idee irredentiste mazziniane e quelle socialiste di Saint-Simon, espostegli da un professore francese di cui citò spesso una frase in particolare: “Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l’umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe”. Ne fece l’ideale di una vita.
Un ideale di libertà perseguito in una lunga, incredibile serie di vicende: prima nei moti a Genova, poi in Brasile e in Uruguay, di nuovo in Italia per i moti del ‘48 e la Repubblica Romana, quindi nella Spedizione dei Mille, poi nella Terza guerra d’indipendenza, infine a difesa della neonata Repubblica Francese.
Ma, a parte l’Unità d’Italia, dei suoi sogni straordinariamente moderni (Stato laico e repubblicano, istruzione obbligatoria e gratuita, maggiore giustizia sociale, suffragio universale, abolizione della pena di morte, rapporti pacifici fra i popoli) non ne vide avverarsi nessuno.
Al contrario, provò cocenti delusioni per molte terre che aveva amato, con la francesizzazione di Nizza, le feroci repressioni nel Meridione attuate dai governi sabaudi e la mancata liberazione di Trento e Trieste.