Milano, 3 mar. (askanews) – Non si ferma la protesta in Myanmar dove si susseguono gli scontri nel paese in mano
ai militari che disperdono la folla con proiettili veri e cecchini appostati nelle strade.
Ieri è stata la giornata più sanguinosa da quando il colpo di Stato militare ha rovesciato il potere l’1 febbraio arrestando Aung San Suu Kyi.
Si contano almeno 38 morti tra i
manifestanti pro-democrazia nella sola giornata di mercoledì. Ma continuano le manifestazioni e i presidi in strada. "I soldati hanno sparato da lì, da quel ponte. Hanno mirato contro di noi. Hanno colpito molte persone, alcune alla testa, altre hanno perso le dita della mano. E non si sono fermati", ha detto un manifestante.
"Non li vogliamo, vogliamo che la nostra madre sia liberata e che il potere sia dato al popolo. Sono pronto a morire".
L’inviato Onu per il Myanmar, Christine Schraner Burgener, ha fatto appello alle Nazioni Unite affinché vengano prese sanzioni "dure". "Ho parlato con i vertici dell’esercito e ho avvertito che l’Onu intende imporre misure molto dure contro il Myanmar. E la risposta è stata che sono abituati alle sanzioni e che sono sopravvissuti alle sanzioni anche in passato", ha spiegato l’inviato Onu.
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