Molti continuano ad insistere sulle parole inglesi o comunque non italiane.
In realtà non è tanto una battaglia contro l’uso smodato di parole come kitch o cheap (problema che tuttavia esiste), quanto piuttosto una battaglia contro il vuoto derivante dall’uso esclusivo di frasi fatte, come “e tutto il resto”, “matrimonio a pezzi”, “alle prime armi”, etc.
Cioè frasi stereotipate, già pronte che vengono buttate lì senza aggiungere nulla di concreto perché dietro a tali frasi fatte non c’è in realtà alcun ragionamento reale. Parlare per frasi fatte è sintomo di pochezza intellettuale e pigrizia mentale perché – appunto – LE PAROLE SONO IMPORTANTI e devono essere frutto di pensieri e ragionamenti e non semplicemente prelevate da un qualche serbatoio creato da altri.
Oggi tra i giornalisti vanno molto di moda frasi come “città blindata”, “ce lo chiede l’Europa”, “sedersi intorno ad un tavolo”, “banco di prova”, “scendere in campo”, “raffica di scioperi”, etc.
Ma dietro a tali frasi, c’è qualche ragionamento reale? Il giornalista sta realmente esprimendo un suo pensiero oppure si limita a mettere insieme delle parole prese a prestito qua e là solo per portare a termine il suo “compitino”?