Milano, 5 feb. (askanews) – Aleksey Navalny è di nuovo in tribunale, per un caso di diffamazione contro un veterano della seconda guerra mondiale, a poche ore dalla condanna che ha trasformato i suoi domiciliari in detenzione in una colonia russa. Questa volta si trova sul banco degli imputati per aver chiamato "lacchè" e "traditore" Ignat Artyomenko.
Se il caso Yves Rocher, ovvero il precedente era sicuramente poco comprensibile per il pubblico russo, questa volta gli insulti rivolti a qualcuno che per la cronaca ufficiale russa, è un sopravvissuto della Seconda Guerra mondiale, sfuggito ai nazisti, di sicuro non genera simpatie tra l’opinione pubblica di Mosca. E quindi più che un rischio per Navalny per la possibile pena (multa o lavori sociali), potrebbe risultare un danno alla sua immagine, nel suo Paese.
Ma all’estero è un altro discorso. L’ex presidente polacco, e Nobel per la Pace nel 1983, Lech Walesa ha candidato il dissidente russo al Nobel, poichè "sta combattendo contro il totalitarismo". E parole di peso a difesa di Navalny sono state pronunciate dal presidente degli Usa Joe Biden e dall’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Joseph Borrell, durante il suo incontro a Mosca con Sergey Lavrov. Proprio mentre veniva reso noto che è morto il medico russo che curò Navalny dopo l’avvelenamento: aveva 55 anni.