Milano, 15 mar. (askanews) – Potenziare il patto di filiera tra l’industria della bresaola e gli allevatori per supportare la produzione di carne bovina 100% italiana, in un momento di grande crescita per l’agroalimentare made in Italy. E’ in questo alveo che si inserisce l’ultimo accordo siglato tra Rigamonti Salumificio e gli allevatori piemontesi – attraverso Coldiretti – per l’utilizzo della Fassona nella produzione della bresaola versione italiana. A parlarne è Claudio Palladi, amministratore delegato di Rigamonti, azienda leader nella produzione della bresaola valtellinese.
"Oggi noi facciamo e andiamo in commercio con un prodotto fatto con carne nazionale 100%, le classiche 4 ‘i’ su questo abbiamo avuto la possibilità di entrare in collegamento con un prodotto di eccellenza come la Piemontese e abbiamo raggiunto questo accordo che dovrà trovare nei prossimi mesi numeri più interessanti di quelli che ci sono oggi".
Proprio i numeri registrati nell’ultimo anno sembrano dare ragione a questa scelta, pur nella consapevolezza che i nostri allevatori, in passato più orientati a una produzione per il comparto lattiero caseario, non sono in grado di soddisfare tutta la domanda industriale:
"Noi oggi stiamo lavorando circa 350 tonnellate di carne prodotta in Italia che rappresentano per noi il 4,5% quindi è una nicchia ma cresce del 20% e se non avesse la limitazione della materia prima potrebbe crescere anche di più. Anche dal punto di vista aziendale è una segmentazione che sta avendo successo".
L’impiego della Fassona piemontese è l’ultimo tassello di un accordo del 2017 tra Coldiretti e Rigamonti, da sei anni di proprietà della multinazionale brasiliana Jbs, leader mondiale nella produzione di carne bovina e avicola. Parte da lì la produzione di una bresaola che si fregia del marchio 100% made in Italy, cresciuta di pari passo alla tradizionale Igp il cui disciplinare consente l’utilizzo di una materia prima di provenienza estera – prevalentemente sudamericana – a patto che venga trasformata nel territorio della provincia di Sondrio.
"In Valtellina non esistono imprenditori che per biechi motivi economici vanno a cercare per il mondo la carne a buon mercato. Noi andiamo per il mondo a cercare la carne buona per fare la bresaola perchè siamo degli ottimi trasformatori. Credo che questa ottima capacità di trasformazione la dobbiamo mettere al servizio di quella materia prima italiana ragionando in un patto di filiera per vedere se c’è veramente l’interesse del sistema Paese Italia degli allevatori nel potenziare la filiera per fare bresaola".
Con questo patto di filiera, Palladi ritiene ci sia un margine per accrescere la produzione di bresaola italiana, che si distingue dalla Igp proprio per la provenienza della materia prima
"Credo che ci sia la possibilità di arrivare a un 10% di prodotto autenticamente nazionale di ottima qualità che vad ad aggiungersi a una igp che sta performando bene. Il 2020 è stato un anno complicato ma è un percorso di crescita che riprenderà dal 2021".
Nel 2020 la bresaola Rigamonti a volume ha perso un 4%, ma la volontà, nelle parole dell’amministratore delegato, è quella di cavalcare i trend a partire proprio dalla crescita della bresaola con carne 100% italiana, che nel banco salumeria affiancherà sempre più spesso la classica Igp.
"Non esiste una una Bresaola di serie A e una di serie B la lavorazione in Valtellina è eccellente, porta qua della carne eccellente oggi non c’è assolutamente da demonizzare la carne che viene dall estero perché in molti casi è carne di ottima qualità che consente di fare un ottima bresaola però da qui a non lavorare neanche un chilo di carne italiana credo che non sia corretto".
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