Torino, 22 feb. (askanews) – Gianfranco Zappettini è uno dei nomi più importanti dell’arte italiana. Lo è ovviamente per il ruolo di co-fondatore negli anni Settanta del movimento della Pittura Analitica, ma forse lo è ancora di più per l’evoluzione che ha saputo dare al suo lavoro negli ultimi tre decenni. Di questo periodo si occupa la mostra "The Golden Age" che la galleria Mazzoleni di Torino dedica all’artista nato a Genova nel 1939.
Il titolo rimanda a un’idea di età dell’oro che, secondo l’artista, seguirà l’attuale epoca di decadenza e l’utilizzo in molte opere del colore oro vuole essere una rappresentazione simbolica, un messaggio spirituale che, come i petali che ritornano in tanti dei dipinti in mostra, riguarda l’anima e le ricerche metafisiche di tante filosofie orientali cui Zappettini ha guardato. Il punto però, la forza vera della mostra, sembrano stare proprio nell’idea di pittura che l’artista ha portato avanti fino a oggi, nel modo di intendere le superfici, i materiali, il colore. Guardando attentamente molti dei dipinti alle pareti si ha la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso dalla pittura per come l’abbiamo spesso intesa. Al tempo stesso, però, si percepisce in modo viscerale, in modo fisico, che ciò che osserviamo è pittura al massimo della propria potenza, proprio perché sembra altro. E non è una semplice questione legata all’astrazione.
I materiali di Zappettini, in linea con la sua storia, giocano un ruolo decisivo, ma oggi più che mai interessante è il modo di pensare la pittura che emerge, passo dopo passo, ma inesorabilmente, dal percorso della mostra. Attraversandola lo si sente, e quando ci si imbatte in una installazione fatta con reti di Wallnet si può vivere la piccola epifania di pensare che quella serie di strani panneggi industriali blu che scendono dal soffitto sia in fondo la forma migliore che un dipinto può prendere. A prescindere dai significati alchemici o spirituali che si possono legittimamente attribuire, ma che, a nostro avviso, vengono dopo. Prima c’è l’evidenza artistica del lavoro.
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