Milano, 27 feb. (askanews) – Gli incontri a volte prendono forme che non ti aspetti, così come i libri. E incontrare Piero Pelù nelle vesti dell’autore di "Spacca l’infinito", l’autobiografia del rocker scritta però sotto forma di romanzo, è stata un’esperienza interessante e densa, fatta di sorrisi, ma anche di un velo di malinconia. Abbiamo parlato del libro, che è pubblicato da Giunti, con la necessaria premessa che andrebbe fatta ogni volta che si affronta una cosa definita "autobiografia".
"Non sono io, è P. il protagonista", ha detto Pelù. "Il perché io sono così oggi, o P. è così oggi – ha aggiunto il cantante – è il risultato di tutto un vissuto molto complicato, che è rimasto chiuso nei bauli della memoria, del dolore, della famiglia, perché ci sono storie molto dolorose per la mia famiglia nella prima parte del Novecento. Queste storie non mi erano mai state raccontate, è il Covid che le ha fatte venire a galla".
Il libro, una storia che parte dalle trincee della Prima Guerra mondiale, passa per il fascismo e arriva fino al presente ovviamente, ha la forma di un romanzo di formazione, scritto partendo da oggetti, viaggi, momenti, antenati. Storie arrivate a essere impellenti, per Pelù, nel momento del lockdown. "Il Covid è stato necessariamente scatenante in tutto questo – ci ha detto – perché proprio un anno fa, era finito Sanremo, stavo lanciando il mio disco nuovo, sembrava che tutto potesse andare come doveva andare e poi invece è iniziata questa tragedia senza fine della pandemia".
Accanto alle vicende della famiglia e ai sogni del bambino, alla musica e ai dolori, il libro, come è naturale che sia, parla anche di altro, va in profondità. "La lezione, se vogliamo definirla politica del romanzo – ha aggiunto Pelù – è che bisogna rifuggire sempre dalla violenza, che sia violenza verbale o fisica, dalla sopraffazione".
Avendo in mente molte delle sue canzoni, ed è lui stesso che ne cita una a più voci come "Il mio nome è mai più", per restare sul tema "politico", è inevitabile a un certo punto, tra tante divagazioni sullo scrivere, chiedergli che relazione c’è tra la scrittura romanzesca e quella delle canzoni.
"E’ totalmente diverso – ha chiosato -. La forma in prosa almeno inizialmente è molto più libera del verso e più che mai del verso cantato, perché poi il verso poetico è una cosa, non che io nemmeno lontanamente mi ritenga uno scrittore di poesia, però i versi li uso per le canzoni, e ho a che fare con queste metriche da più di 40 anni".
Adesso siamo noi ad avere a che fare con Piero Pelù e con P., entrambi personaggi di storie che si assomigliano ma che, essendo vite, cambiamo continuamente, senza poter essere mai afferrate fino in fondo. All’infinito, appunto.
(di Leonardo Merlini)
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