Roma, 3 feb. (askanews) – Le patologie reumatologiche sono circa 150 e colpiscono 5 milioni e mezzo di italiani, non solo anziani. In tempo di pandemia, i pazienti reumatologici rischiano di essere dimenticati. L’allarme arriva dalla professoressa Silvia Tonolo, Presidente Associazione Nazionale Malati Reumatici. "Abbiamo bisogno di una diagnosi precoce e di un accesso immediato a determinati farmaci perché è vero che dobbiamo fare dei passaggi con i farmaci di fondo ma sappiamo anche che i farmaci che stanno arrivando e che abbiamo tuttora sono farmaci che ci aiutano ad arrivare presto in alcuni casi alla remissione e comunque riescono a gestire bene la patologia. Inoltre il paziente riesce ad avere una buona qualità di vita".
E proprio recentemente la Commissione Europea ha approvato "RINVOQ" di AbbVie (Upadacitinib), il primo inibitore orale selettivo e reversibile di Jak approvato per tre indicazioni reumatologiche nell’adulto in Europa: artrite reumatoide, artrite psoriasica e spondilite anchilosante.
Il farmaco, che può essere assunto per via orale una volta al giorno, è già rimborsato in Italia per l Artrite reumatoide e ora si attende l’approvazione anche per le altre due indicazioni.
"Auspichiamo Aifa ad approvare al più presto farmaci innovativi come questo già approvato da Ema, e speriamo che le Regioni aprano le orecchie che prima arrivano queste terapie nei prontuari terapeutici regionali meglio è e non mettano bastoni fra le ruote nella scelta fra il farmaco migliore".
Il Prof. Roberto Gerli, presidente della Società Italiana di Reumatologia, traccia un quadro della malattia in Italia: "Circa il 10% della popolazione totale ne può essere colpita in un aumento della propria vita. Il 10% potrebbe essere sovrastimato ma la cosa più importante è che almeno il 16% di queste presentano reumatismi infiammatori più rilevanti. Potremmo calcolare che in Italia potremmo avere tra i 900mila-1milione di pazienti affetti. Malattie infiammatorie croniche determinano maggiori danni articolari, possono determinare una grossa invalidità per il soggetto e sono quelle malattie che richiedono terapie precoci appropriate che possono boccare il processo infiammatorio che può danneggiare nel tempo l’articolazione".
Sulle nuove terapie, il prof. Gerli spiega: "Questo panorama che ormai è diventato molto ampio di armi che abbiamo a disposizione si è incrementato con piccole molecole, con farmaci che vanno a bloccare con meccanismi intracellulari la produzione di questi fattori in modo diverso: mentre con le terapie biotecnologiche riusciamo a bloccare il singolo fattore o due fattori della cascata infiammatoria, con queste piccole molecole siamo in grado di bloccare più fattori andando a bloccare la recessione del segnale che i fattori infiammatori danno a livello della cellula. Questo ha implicazioni molto importanti perché dal punto di vista prognostico queste malattie hanno prognosi decisamente migliore".