Mentre alla fine degli anni sessanta molti autori del cinema italiano si stavano tuffando nei temi impegnati della lotta e della contestazione, dell’impegno politico e sociale, Dino Risi scriveva un soggetto per una commedia brillante, ironica e a tratti cinica.
Una commedia all’italiana dunque, ma fuori dagli schemi ben collaudati di quel genere.
La storia mostrava l’anima ancora popolare e contadina di un’Italia di provincia, fatta di gente semplice, che anteponeva il cognome al nome, che formava la propria “cultura” con le canzonette e i fotoromanzi.
Alla sceneggiatura chiamò Age e Scarpelli e nel cast infilò tre memorabili protagonisti quali Nino Manfredi, Ugo Tognazzi e la deliziosa Pamela Tiffin.
Il film, uscito nel 1968, è incentrato sulla complicata storia d’amore tra il barbiere ciociaro Balestrini Marino e la sartina operaia Di Giovanni Marisa, conosciutisi ad un raduno di gruppi folkloristici di danze popolari.
La trama si sviluppa portando i due protagonisti dalla provincia bucolica e naif di “Sacrofante Marche” fino a Roma in un rincorrersi fatto di sospetti, presunti tradimenti e malelingue, con la meravigliosa Moira Orfei che insinua il dubbio in Marino per tentare di farlo cedere alla sua seduzione.
Nella storia si inserisce Umberto Ciceri (Tognazzi), un sarto sordomuto che complica ancor di più la faccenda quando Marino finalmente ritrova Marisa nella capitale.
La forza comica del film è nella recitazione dei due mostri sacri Tognazzi e Manfredi ma anche nei dialoghi della sceneggiatura scritta con mestiere.
Marino e Marisa che recitano ed interpretano le parole della canzone di Don Backy “L’immensità” come se fosse “L’infinito” di Leopardi, o Marino che ritrovata Marisa le dice “Come il Conte di Montecristo sono tornato ricco e spietato” o i tagli che Marino elenca al proprietario della bottega del paese “Tiraliscio, alla oberdan, alla mascagna, all’umberta, anche mano speciale per il riporto, semplice, girato, di rinverso, una mia specialità frizione al torlo d’ovo, con chiara per bulbi deperiti”.
È un bel film, non è tra i capolavori di Dino Risi, non è ricordato dal pubblico italiano, ma è di film come questo che si è formata la storia del grande cinema italiano del secolo scorso.
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Buona visione.