Milano, 19 feb. (askanews) – Mentre si studiano con grande attenzione i disturbi fisici della cosiddetta "sindrome post-Covid-19", a un anno di distanza dall’espolosione del virus in Italia poco si sa dell’impatto che l’epidemia ha avuto sulla salute mentale dei cittadini. Eppure l’angoscia, l’ansia, lo stress, il senso di sfiducia e di incertezza e la perdita di controllo generati dalla paura di ammalarsi e di perdere i propri cari, dall’isolamente prolungato, dall’impossibilità di potersi muovere e viaggiare liberamente, dal cambio radicale di abitudini, hanno travolto tutti, più ancora i giovanissimi che si sono visti chiudere le scuole, i luoghi di aggregazione e i centri sportivi. Sugli effetti psicologici e i traumi frutto del vissuto di questo anno passato con il virus, askanews ha chiesto un parere a Cristina Colombo, primario dell’Unità Disturbi dell’umore dell’Ospedale San Raffaele di Milano e docente di psichiatria all’Università Vita-Salute.
"Non sono aumentate le malattie psichiatriche ma la necessità di intervento su una sintomatologia psichica che è molto più diffusa nella popolazione – ci ha detto – Quello che vediamo noi da una visuale che è quella di un servizio di psichiatria, è un aumento di sintomatologia di tipo psichico, quindi tanta gente che lamenta ansia, che lamenta un umore basso, un appiattimento, fatica a prendere sonno, fatica a mantenere il sonno, una sorta di scoraggiamento, di apatia, la sensazione che tutto sia cambiato e sia cambiato per sempre che quindi non ritorni come prima. Ovviamente molto forte adesso, soprattutto dopo la seconda ondata, quando diciamo sullo stato generale di come stiamo si sommano anche le problematiche di tipo economico: questo ha generato necessità di intervento, necessità di prescrivere farmaci, e ha anche generato delle situazioni di rischio. Per esempio è molto aumentato il consumo di alcolici nelle case (con tutto quello che questo comporta) e si sono molto, molto, alterati i ritmi del sonno: le persone in smart-working per esempio hanno un po’ cambiato la giornata, moltissimi ragazzi hanno alterato il ritmo del sonno e non vanno a dormire molto presto e questo è un problema perché alterare i ritmi del sonno di per sé può generare patologia, può rendere le persone più stanca e più ansiose più irritabili e quindi se dovessi dire non abbiamo un incremento della patologia psichiatrica, non sono aumentate le malattie psichiatriche, è aumentata la necessità di intervento su una sintomatologia psichica che è molto, molto più diffusa nella popolazione generale".
"Gli adolescenti hanno sofferto di più, la loro è l’area che più ci preoccupa per le conseguenze a lungo termine – ha sottolineato Colombo – Una categoria che sta risentendo molto è quella degli adolescenti. I ragazzi hanno subito in maniera molto forte questo isolamento, questo distacco dalla scuola e da tutte le attività sportive, soprattutto un isolamento sociale. All’età di 15, 16-18 anni la vita sociale è salute e fa parte della crescita indispensabile, non è un optional, è proprio indispensabile, è un criterio di valutazione della normalità di un ragazzo. Una delle domande che noi psichiatri facciamo è ‘hai degli amici? Fai delle cose?’ e questo è saltato completamente ed è saltato in un clima anche un po’ di colpevolizzazione. In fondo molto spesso quello che si sente è che le fonti di contagio, i focolai, derivano dal fatto che i ragazzi si incontrano e questa cosa è un problema, sta cominciando a diventare un problema: molti ragazzi la stanno soffrendo. I ragazzi hanno molto alterato il ritmo sonno-veglia, vanno a dormire tardissimo, stanno tanto sui vari siti e questo ha per esempio generato un incremento di alcune malattie: ci sono delle patologie tipicamente per esempio alcune forme di depressione come il disturbo bipolare che sono molto sensibili a un’alterazione del sonno. Non è colpa del fatto che uno non dorma, la malattia viene perché uno è predisposto ad averla però diciamo che normalmente questa predisposizione non si manifesta così in anticipo. Il ridurre di molto le ore di sonno anticipa l”onset’ della malattia, e questo è un problema enorme perché è una malattia trattabile, curabile, che però ha un impatto diversissimo se esordisce a 20-25 anni quando uno ha già finito di studiare, o se invece l’esordio c’è mentre sta ancora facendo liceo. Quella è l’area che più ci preoccupa per quello che possono essere le conseguenze a lungo termine".
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