Venezia, 25 mar. (askanews) – "Sono giunto a Venezia per terra da nord, per mare da sud, dall’Istria o dalla isole del Quarnaro, con il vento o controvento. Ogni volta la città era simile e diversa al tempo stesso, di giorno e di notte, con il sole o con la pioggia".
Sono le parole di Predrag Matvejevic, filosofo e cantore del Mediterraneo, a introdurci nell’inafferrabilità di Venezia, la città forse più famosa al mondo e, al tempo stesso, la più sconosciuta. Un luogo impossibile che il 25 marzo del 2021 festeggia i 1600 anni dalla mitica fondazione, quando gli abitanti della terraferma scelsero le paludi malsane della laguna per fuggire alla furia dei barbari. E lì, nel 421 d.C., cominciarono a costruire Venezia.
"Se la guardiamo intellettualmente non c’è più bella definizione di quella di Brosdkij, che dice che Venezia è l’unica città nella quale lo spazio si prende la rivincita sul tempo". Marco Nereo Rotelli è un artista veneziano, che da sempre ha rielaborato le immagini della sua città. E oggi, quando gli chiediamo di provare a riassumere Venezia, sceglie di citare Italo Calvino.
"Non puoi capire cos’è Venezia – ha aggiunto l’artista – se giocando a calcio non ti è finito il pallone nel canale. Venezia è un po’ questa, ha un’aria domestica propria di una città che senti nel cuore".
E poi Venezia è la città dove Shakespeare ha fatto muovere Shylock, dove Thomas Mann, e poi Luchino Visconti, hanno raccontato la decadenza e la fine di un’epoca, ma è anche l’icona del turismo globale che qualcuno ancora considera una sorta di parco a tema. Ma è solo questione di ciò a cui decidiamo di voler credere.
"Esiste, ed è la bellezza del veneziano e di Venezia – ci ha detto ancora Rotelli – una città sposta di qualche grado rispetto al percorso che solitamente fa il turista e lì ci sono le magie, per questo in fondo il veneziano ama Venezia quando è inospitale, quando ha le sue nebbie e i suoi silenzi. Anche se quando diventa un po’ troppo inospitale, come adesso, magari si preoccupa oggettivamente. Però la Venezia di novembre è magica".
Il presente, con i lockdown e i silenzi del tempo della pandemia, appunto. Le calli vuote la sera, piazza San Marco deserta, quasi una distopia che si è fatta reale. Ma che, a ben guardare, è un’altra forma della libertà che ancora pulsa nelle fondamenta di Venezia, le fondamenta "incurabili" per dirla ancora con Brodskij, e che poi prende la forma della luce di Tintoretto o Tiziano e delle ricerche della Biennale, mai come ora simbolo della città. Ma anche l’odore, quell’odore salmastro e denso che è Venezia, e che ti prende allo stomaco in stazione o sul vaporetto, selvatico con il Lido, colto come tutta la città quando pensa alla sua stessa natura. Che 16 secolo dopo continua ad affascinare e a stupire.